Afghanistan Sguardi e Analisi

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Afghanistan: Sguardi e analisi" è un progetto aperto finalizzato a comprendere e discutere le ragioni - e le possibili soluzioni - dei conflitti afghani.

lunedì 10 settembre 2012

Combattenti-suicidi adolescenti a Kabul


E' di almeno sei morti e cinque feriti il bilancio di un attacco compiuto all'esterno del quartier generale della Nato a Kabul da un combattente-suicida adolescente. Lo hanno annunciato le autorità afghane, che hanno chiarito che la maggior delle vittime sono bambini venditori di strada ambulanti. 
Perché i bambini vengono indotti a commettere un atto tanto crudele? Cosa li spinge a morire, più o meno consapevolmente, in nome di un generico e distorto precetto religioso?
Le ragioni sono quelle di coloro che non si fanno scrupoli a utilizzare i bambini come strumento per portare avanti un progetto politico attraverso una guerra che ha giustificazioni religiose. Se la guerra è considerata “legittima” e combattuta con armi impari, la parte debole tende a giustificare qualunque mezzo per ottenere la vittoria sul campo di battaglia; cade così l’ultimo tabù, quello che vuole i bambini esclusi dal ruolo di combattenti. I gruppi di opposizione possono attingere da un bacino di reclutamento molto ampio, quello degli emarginati o di coloro che sono al limite della disperazione. Sono i bambini orfani o separati dalla propria famiglia, trascurati o allontanati dalla comunità, studenti mediocri delle madrasa gestite dai taliban: soggetti facilmente influenzabili in quanto deboli, alla ricerca di protezione da parte di adulti e di un sostegno fisico e morale. Quello che ne segue è una forte pressione psicologica. Soli e lontani dal proprio contesto familiare, questi bambini entrano a far parte dei gruppi di opposizione per sfamare il bisogno di assistenza, protezione, affetto. Anche il desiderio di vendetta per un parente ucciso, o un torto subito, può agire da fattore scatenante per la scelta di adesione. A volte le pressioni provengono dall’interno della famiglia stessa, spesso legate a problemi di tipo economico: il desiderio di riscatto da una precaria situazione sociale o economica della famiglia, «la cui disperazione sarebbe provocata da una condizione di insoddisfazione» (individuale e collettiva) è il motivo che spingerebbe il soggetto verso il sacrificio estremo. Da questo sacrificio la famiglia può trarre vantaggio duraturo. Non si tratta però di un compenso economico richiesto dalla famiglia a uno dei suoi membri, bensì di una retribuzione voluta dall’aspirante suicida come estrema soluzione a una situazione senz’altra via d’uscita. È la scelta, fortemente condizionata, dell’individuo a favore del proprio nucleo familiare: una prova di altruismo.
I gruppi di opposizione armata in Afghanistan riescono con successo a portare avanti la politica di reclutamento anche enfatizzando ed amplificando l’idealismo dei bambini e la loro percezione della religione inducendoli a ritenere l’attacco suicida, l’istishhadi, un dovere superiore, un privilegio.
Per quanto i taliban abbiano in passato negato - e continuino a negare - il reclutamento di bambini tra i propri combattenti – lo stesso mullah Omar ha più volte chiesto ai vari “comandanti” di non arruolare ragazzi che non abbiano ancora l’età che consenta loro di farsi crescere una folta barba – i fatti recenti dimostrano però il contrario. La valutazione che ne deriva suggerisce ancora una volta quanto sia ormai concreta la distanza tra la teoria della leadership storica del movimento taliban e la pratica delle nuove generazioni di combattenti.

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